La MANUTENZIONE costa molto meno della RICOSTRUZIONE esattamente come “prevenire è meglio che curare”. L’Italia è stata la prima a dotarsi di moderne autostrade poi si è fermata! Ora ne paghiamo le conseguenze! Non tanto in termini di nuove realizzazioni quanto in termini di qualità e funzionalità delle stesse! Non è accettabile che le Provincie siano costrette, come è accaduto recentemente, a vietare la circolazione su alcune strade perché non possono garantirne la fruibilità in sicurezza! Ed è altrettanto vergognoso che sulle tratte ANAS vi siano carreggiate chiuse per buche e deformazioni del manto stradale con cartelli di limitazione della velocità.
C’è infine un ultimo aspetto ancora da indagare, ed è l’ aspetto ambientale!
Oggi si parla molto di GREEN ECONOMY (economia dello sviluppo sostenibile) come dell’unica via per produrre bene e servizi senza sprecare le risorse del pianeta per migliorare il nostro benessere garantendo anche le future generazioni. In quest’ambito, si innesta l’ancor più recente concetto di “CIRCULAR ECONOMY”. In pratica si tratta di produrre e realizzare prodotti, beni e servizi secondo una logica diversa e senza produrre rifiuti.
Nei sistemi ad economia circolare i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e i rifiuti sono pochissimi. Il conglomerato bituminoso è un esempio perfetto di applicazione della “circular economy”! E’ un prodotto necessario e indispensabile per mantenere in efficienza la rete, può essere realizzato e messo in opera con nuove metodologie più innovative ed ecosostenibili e in fine, può essere riciclato numerose volte senza mai diventare un rifiuto.
Il FRESATO D’ASFALTO ovvero il conglomerato bituminoso proveniente dalla pavimentazione preesistente, vecchia e ammalorata, è un materiale TOTALMENTE RICICLABILE. Esso è composto esattamente con gli stessi materiali costituenti del CONGLOMERATO BITUMINOSO VERGINE (aggregati lapidei 95% e bitume 5%) e una volta “fresato”, basta rivitalizzare il bitume con un po’ di calore o con l’aggiunta di emulsione (bitume disciolto in acqua) per riattivare il suo potere legante e il “fresato” torna ad essere “conglomerato bituminoso”.
Ovviamente ho semplificato ed estremizzato il concetto tuttavia, tra i materiali provenienti dalla demolizione edilizia, l’unico che può essere riutilizzato senza alcun preventivo trattamento diverso dalla normale pratica industriale, è il fresato d’asfalto. Il fresato d’asfalto, tecnicamente perfetto e totalmente riciclabile, è quindi il miglior costituente per riprodurre conglomerato bituminoso!
Di fronte ad un tale prodotto, disponibile e abbondante (basta guardare come è ridotta la rete stradale italiana per capire che per il risanamento occorrerà intervenire in profondità con una produzione altissima di fresato) ci troviamo agli ultimi posti in Europa in tema di riciclaggio e recupero. E questo perché? Prevalentemente per manza di cultura generale. Gli enti pubblici che rilasciano le autorizzazioni lo considerano un rifiuto speciale la cui non pericolosità è comunque da accertare, pertanto impongono norme severissime sul suo riutilizzo! I gestori della rete, committenti, nulla prescrivono al riguardo sui capitolati d’appalto temendo di riutilizzare un prodotto di serie B. Le imprese che eseguono i lavori, lo vedono invece come una risorsa incredibile che loro stesse producono ma che non possono liberamente utilizzare per via del regime vessatorio e farraginoso in cui è inserito.
In conclusione, ogni anno distruggiamo montagne per procurarci nuovo inerte, importiamo più petrolio per produrre bitume, spendiamo più soldi in energia e in trasporti per rifare i manti stradali e abbiamo montagne di fresato d’asfalto inutilizzato e a rischio “discarica”! si tratta di almeno 10.000.000 di t di fresato asportate ogni anno a fronte di una produzione di conglomerato pari a 22.000.000 di t. Di sola materia prima, senza considerare i vantaggi ambientali, ogni anno si sprecano in Italia almeno 500 milioni di euro di mancato riciclaggio.
Per passare ad un’economia circolare, produrre crescita e apportare sostenibilità ambientale, occorrerà rivedere qualcosa introducendo cambiamenti nella catena produttiva e rieducando il mercato. Occorrerà dare un forte impulso innovativo, non solo sul piano della tecnologia, ma anche su quello dell’organizzazione, della società, dei metodi di finanziamento e soprattutto nelle politiche gestionali. Quest’ultimo aspetto è quello che mi preoccupa maggiormente!