Con il termine “barriere stradali di sicurezza” si indicano quegli elementi infrastrutturali posti ai lati della carreggiata che hanno la funzione di contenere l’uscita di strada di un veicolo in fase di svio (perdita di controllo della propria traiettoria) con l’obiettivo prioritario di evitare o limitare danni agli occupanti del veicolo, a persone occupanti altri veicoli (come avviene con le barriere poste a divisorio in superstrade ed autostrade) ma anche proteggere terzi al di fuori della carreggiata (come pedoni e ciclisti su marciapiedi, piste ciclabili o aree di sosta e fermata).
Le barriere devono fungere sia da attenuatori d’urto (smorzando con la propria plasticità, l’energia cinetica del veicolo in svio) sia da reindirizzatori del veicolo sulla corretta traiettoria, evitando a quest’ultimo forti decelerazioni o impatti con elementi fuori della carreggiata.
Le barriere, in Europa, devono rispondere alle richieste della normativa UNI EN 1317 nelle parti dalla 1 alla 4 ed in Italia sono classificate, in base al livello di protezione che offrono ed alla loro destinazione d’uso (bordo stradale, bordo ponte, barriere spartitraffico), secondo il decreto ministeriale n. 2367 del 21 giugno 2004. La loro installazione è definita sia all’interno del decreto prima citato che nel decreto n. 6792 del 5 novembre 2001.
Il processo di omologazione delle barriere, dopo la fase di progettazione, prevede diverse prove e crash test volti a certificare l’efficacia del dispositivo ma tali prove prendono in considerazione unicamente autoveicoli e veicoli pesanti, senza considerare in alcuna fase, neppure progettuale, i motoveicoli.
Motocicli e ciclomotori non hanno un abitacolo di protezione, pertanto, in caso di perdita di controllo i conducenti ed i passeggeri sono esposti al rischio di impatto contro la barriera. Per questi utenti risultano particolarmente pericolosi i sostegni verticali e le parti iniziali delle barriere, che si comportano come ostacoli puntuali e non garantiscono quindi quelle funzioni di smorzamento di energia per le quali le barriere stesse vengono progettate e disposte.
Questa carenza normativa, che è in fase di studio all’interno della parte 8 della EN 1317, ha comportato per anni e comporta tutt’oggi un grave pericolo per tutti gli utenti di veicoli a due ruote, compresi i ciclisti, dato che in caso di caduta le forze generate dall’impatto contro ostacoli puntuali, anche a velocità relativamente basse (es. 40 km/h = 11m/sec.), risultano sempre molto elevate e traumatizzanti.
Dopo le campagne di sensibilizzazione, da parte di varie associazioni motociclistiche in tutta Europa, sul pericolo legato alla diffusione di barriere stradali non adeguate per gli utenti di veicoli a due ruote, alcune aziende italiane ed europee, iniziarono, nei primi anni del 2000, a progettare e sottoporre a crash-test specifici (con manichino-motociclista hybrid) particolari attenuatori d’urto studiati per evitare l’impatto contro le parti più a rischio delle barriere.
Oggi, questi dispositivi sono detti “salvamotociclisti”e sono presenti sul mercato sia come parte integrante di nuove barriere, sia come parti applicabili a barriere già poste in opera. Essi consistono in superfici di schermatura (di materiale plastico o metallico) applicate alla parte inferiore della barriera, in modo tale da impedire impatti diretti contro i sostegni verticali.
La normativa cogente impone l’utilizzo di barriere stradali in moltissime situazioni ed è legittimo chiedersi se effettivamente i vantaggi sulla sicurezza siano sempre di gran lunga superiori ai rischi che gravano su alcune utenze più deboli (valutazione del rapporto benefici/rischi).
In alcuni Paesi d’Europa per garantire uno standard di sicurezza ottimale per tutte le utenze, da alcuni anni vi è la tendenza a privilegiare soluzioni che sfruttino naturali vie di decelerazione, prive di ostacoli o barriere, appositamente studiate dal progettista dell’infrastruttura.
In Italia sono 9 milioni gli utenti che fanno uso di ciclomotori o motocicli e per tale utenza gli impatti a bassa velocità contro ostacoli puntuali rappresentano un fattore di rischio elevatissimo e non ancora risolto dalla normativa cogente.